Il libro è scritto in prima persona, raccoglie memorie, fantasie, ribellioni pensieri dell'autrice, che il regista del film ha tradotto in immagini, con qualche cautela. Mai il primo piano degli organi sessuali, ma tanto nudo, tanti dettagli, sperma e sangue in quantità, che rendono il film non erotico, ma provocatorio, volutamente splatter, un film che spazza via ogni tabù anche nel linguaggio.
La protagonista, Carla Juri, è un'attrice ticinese dall'insolita bellezza un po' androgina. Era tra le giovani promesse premiate al festival di Berlino, ha partecipato a film importanti di lingua tedesca, e quello di Helen è il suo primo ruolo da protagonista. Ha accettato il rischio di una parte tutt'altro che gradevole, ma la sua presenza, lo sguardo diretto, ingenuo e sfrontato insieme, sono tra gli elementi forti del film. Wetlands, qui in anteprima mondiale, è stato acquistato da diversi paesi europei, ma finora non si hanno notizie su distributori italiani. In Italia, per altro, Carla Juri ha lavorato, era nel cast della fiction Rai Un passo dal cielo con Terence Hill e Katia Ricciarelli tra gli altri, regia di Enrico Oldoini. Una fiction movimentata da delitti, indagini e misteri nella superba natura dell'Alto Adige, ma casta, decisamente distante da ogni intenzione erotica.
- M.P. Fusco, Rai.it
Prendete la sempre amata Amelie, quella del Favoloso Mondo, fatela passare per i travagli sessuali di Nymphomaniac e riprendete il tutto alternando l’occhio di Danny Boyle a quello di Tinto Brass, o di Bigas Luna se votate per il PD. Il risultato è Wetlands, oggetto filmico non identificato passato a Locarno 2013, e chiaramente invisibile in Italia. In realtà il film è tedesco e si chiama Feuchtgebiete, e questo ci fa pensare a quanto siano pochi i film tedeschi passatici in visione negli ultimi anni, segno di una produzione in grande sofferenza nonostante il proverbiale fermento culturale e sociale della Berlino d’oggi.
La formazione sfinterica della nostra procede sospesa tra sogno e realtà, in modalità commedia tra pennellate di rosa e squarci di nero, con buona ironia e senza pudore. Manca però un filo, non quello del tampone vaginale che la medesima produce in casa, manca un filo conduttore che dia un senso a tutto sto fluire, secernere, evacuare. come detto all’inizio, Il regista David Wnendt non ha una visione propria, si limita ad assemblare le tappe di un romanzo di formazione copiando spudoratamente, ora Jeunet, ora Boyle, ora Von Trier, e giù ralenty, scene acquatico-lisergiche, collage di immagini in stile comics, panoramiche deretaniche, cosicchè quello che potrebbe essere il mai visto sul grande schermo arriva più volte a tanfare di già visto. Nonostante ciò, la splendida Carla Juri, sosia di Meg Ryan in versione giovane fricchettona e sporcacciona, riesce ad imporsi con una prestazione di intensità assoluta, senza risparmiare un centimetro di pelle e di emozioni, come già Scarlett Joahnnson in Under the Skin. Nel film di Glazer c’è un’aliena sotto le morbide carni, qui c’è un’adolescente devastata dal divorzio dei suoi e da una madre psicotica e aspirante suicida, ma il risultato non cambia, la pelle a stento contiene abissi di dolore e di solitudine che premono e alla fine scaturiranno, sotto una pioggia purificatoria.
- Dikotomiko
Intervista al regista (da Cineuropa):
La scelta dell'attrice è importante in una storia che dipende in gran parte da una protagonista con una personalità particolare. Come ha stabilito che Carla Juri fosse la persona giusta per interpretare Helen?
La fase di casting è stata molto lunga. Ho bisogno che l'attore mi mostri durante il provino tutti i registri del personaggio che appariranno nella pellicola. E nel caso di questo film era molto complicato, perché, oltretutto, includeva scene di nudo esplicite. Il libro non è naturalista. In realtà, ha uno stile molto concreto. E Carla rispondeva al meglio alle necessità di questo universo creato da Charlotte Roche.
Il romanzo non sembra facile da adattare al cinema. E invece il risultato finale è molto visivo e dinamico.
In questo caso il libro non è per niente cinematografico. L'80% della storia si svolge in un letto d'ospedale. E' pieno di monologhi interiori e bisognava trasformarli in metafore visive e anche in dialoghi. Per questo i personaggi secondari, che nel libro non sono molto sviluppati, dovevano essere molto più profondi.
Come è stato lavorare insieme all'autrice?
Ho sentito una pressione doppia al momento di cominciare il progetto perché il libro era stato un gran successo e perché l'autrice apparteneva alla mia stessa generazione. Non conoscevo Charlotte personalmente, ma conoscevo i suoi lavori in televisione e i suoi romanzi. Quando ci siamo incontrati la prima volta mi ha specificato che non aveva intenzione di partecipare al processo di creazione della pellicola e mi ha dato libertà totale di movimento.
In Combat Girls ritraeva l'estrema destra della Germania ovest. Ora adatta uno dei romanzi più controversi della letteratura tedesca recente. Sembra che si senta a suo agio con temi che, solitamente, mettono a disagio. Perché?
Sì, è vero. Il processo di produzione di un film è molto complicato e impegna tanti anni della tua vita, perciò hai bisogno di trovare qualcosa che mantenga il tuo interesse e uno stato di allerta. Per me è così se devo fare attenzione al tono dei temi che tratto, che possono diventare molto controversi se non affrontati in modo adeguato.
E' il suo secondo film e ha scelto nuovamente un ritratto femminile. Perché ha bisogno di mostrare l'universo delle donne?
Ci sono scuole di cinema in cui vi è parità tra studenti uomini e donne. Anche così, continuano ad esserci molti più registi che registe. Mentre continuano ad avere meno opportunità di lavorare in questa professione, non mi dispiace raccontare storie femminili nel mio cinema".
https://youtu.be/tqIgMjAZKaw