Un musicista rock troppo sentimentale, una giovane donna indecisa, un anziano padre capriccioso. Nella piccola città di Tonnerre, le gioie dell’amore durano poco. Una scomparsa, improvvisa e inspiegabile, ed ecco che la passione cede il passo alla gelosia e all'ossessione..
Se una cittadina della Borgogna di 5.000 anime si ritrova un nome del genere bisogna pur farci accadere qualcosa! Il regista francese Guilaume Brac parte proprio da questo luogo, il cui nome è tutto un presagio, per dare corpo al suo ultimo lungometraggio dal titolo, appunto, Tonnerre.
In concorso al 66° Festival del Cinema di Locarno, il film racconta i dolori d'amore del giovane Maxime, un affermato musicista rock, in ritiro creativo nella cittadina dove vive il padre, un dinamico vedovo, interpretato mirabilmente da Bernard Menez.
Rispettando i tempi dei fenomeni atmosferici assistiamo, prima del trambusto causato dal tuono, al colpo di fulmine tra Maxime e la giovane e seducente Melody ....e come potrebbe un musicista resistere ad una bella melodia! Si innesca così un confronto generazionale sull'amore che, pur cambiando codici e linguaggi da una generazione all'altra, rappresenta il minimo comune denominatore della razza umana che, come dice il professor Keating, « ... è piena di passione ... la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita». La luce del fulmine svanisce in fretta e il tuono percuote le vite dei tre protagonisti obbligandoli a confrontarsi tra loro per dare un senso alle proprie azioni/reazioni, creando così un terreno comune in cui generazioni diverse riescono e capirsi e a convivere .... e magari amarsi.
- Giovanni Melogli, Cineuropa.
"Che strani animali, questi umani". Pensa questo, forse, il cane del padre del protagonista di Tonnerre di Guillaume Brac, un cane che dal suo padrone si sente recitare la poesia La nuit d'octobre di Alfred de Musset e dire queste parole che preannunciano la trama di quest'opera prima più che promettente: "Honte à toi qui la première M'as appris la trahison, Et d'horreur et de colère M'as fait perdre la raison" (Vergognati tu che per prima Mi hai insegnato il tradimento, E di orrore e di collera Mi hai fatto perdere la ragione). Perché è proprio di passione amorosa che si parla in questo film raffinato presentato in concorso a Locarno, un'opera che con abilità semina tutti gli indizi che da realistica storia d'amore la trasformeranno in un dramma dai riflessi noir. Nell'ambientazione ovattata impregnata di nostalgia di Tonnerre, piccola cittadina della Borgogna, si tesse un racconto ricco di non detti e di azioni impulsive, sostenuto da un intensissimo Vincent Macaigne (in piena ascesa dopo La fille du 14 juillet e La Bataille de Solférino), ben affiancato dal veterano Bernard Menez e dalla giovane Solène Rigot.
Maxime (Macaigne), che ha lasciato provvisoriamente Parigi e per due mesi soggiorna da suo padre (Menez), è un rocker sufficientemente noto per attirare l'attenzione di Mélodie (Rigot), giovane giornalista locale che gli chiede un'intervista e con cui avvia una relazione sentimentale. Un po' disorientato in questo universo ultra provinciale, con le sue degustazioni vinicole, i suoi corsi di danza, il suo locale notturno adiacente una cripta medievale e le sue fughe nella campagna circostante avvolta nella neve (da cui il film trae un grande vantaggio visivo), Maxime compone, solo nella sua stanza con la sua chitarra elettrica e il suo computer, riducendo al minimo gli scambi con suo padre vedovo. Ma la tenerezza gioiosa delle fughe romantiche ha improvvisamente fine, senza spiegazioni da parte di Mélodie, aprendo (o forse riaprendo) una ferita molto profonda in Maxime, il quale decide di impegnarsi in un'indagine piuttosto radicale…
Da questa storia di colpo di fulmine finito male, la cui universalità è più che ovvia, Guillaume Brac tesse con abilità un racconto a doppia velocità e di grande precisione, la cui apparente semplicità nasconde un acuto senso dell'umano e della narrazione cinematografica. Sostenuto da un'ottima sceneggiatura (scritta dal regista con HélèneRuault) che evita la trappola delle spiegazioni psicologiche, il film eccelle nel distillare informazioni e trae grande vantaggio dalla cornice suggestiva della città di Tonnerre. Il cineasta riesce a dipingere con delicatezza il ritratto di un uomo bloccato in una fase intermedia della sua vita, tra gli sconvolgimenti affettivi del passato (che saranno in parte chiariti dall'evoluzione del rapporto con suo padre) e un avvenire potenzialmente felice in cui si getta a capofitto e che gli sfugge all'improvviso. Un lampo che permette al film di guadagnare respiro e di raccogliere nell'ultima parte tutto il valore aggiunto serbato con cura fino a quel momento da un regista che dimostra anche (e con uguale misura) un buon senso dell'immagine e del montaggio. Dopo il pluripremiato mediometraggio Un Monde Sans Femmes, Guillaume Brac passa quindi con tutti gli onori la prova dell'opera prima e si attende già con grande curiosità il suo prossimo lavoro.
- Fabien Lemercier, Cineuropa.
Ancora, vi proponiamo tre interviste al regista Guillaume Brac e all'attore Bernard Menez:
- https://www.youtube.com/watch?v=yQnnzxewy0I
- https://www.youtube.com/watch?v=i5SOAEpwExI
- https://www.youtube.com/watch?v=aGfKzFynMPQ