# Focus – Que horas ela volta?

Alcuni approfondimenti relativi al film.
Donne che assumono bambinaie per crescere i propri figli al loro posto, mentre le stesse bambinaie sono costrette a far crescere i propri figli a qualcun altro e così via, in un circolo che mescola vizio e necessità e fa sì che a farne le spese siano democraticamente i figli di tutti e la loro educazione sentimentale. Jessica non è, però, una sventurata d'altri tempi, non si presenta con il bagaglio di tacite conoscenze su cosa è concesso o meno a quelli come lei; non è figlia di sua madre, in questo senso, perché quella continuità si è interrotta troppo presto. Jessica è stata fortunata negli studi, ha trovato chi l'ha iniziata al pensiero critico, per lei la porta della cucina non è una linea di demarcazione scritta nei geni: è una porta come un'altra e, magari, nei disegni dei suoi futuri progetti, la toglierà del tutto.

In termini cinematografici, Jessica è portatrice di un altro sguardo e di un altro uso del corpo nello spazio. Il suo avvento non ha la forza sovvertitrice del misterioso ospite del teorema pasoliniano, il film non ha certo le stesse ambizioni poetiche, ma destruttura comunque, gesto dopo gesto, stanza dopo stanza, un codice separatista che si basa sul patto tra chi pretende e chi lascia che ciò avvenga. Costruito come un percorso in tempo quasi reale, È arrivata mia figlia non è la storia della rivoluzione di Jessica, ma quella di Val, della sua coraggiosa epifania: è la sua presa di coscienza sulla possibilità di interrompere la catena degli errori che commuove profondamente, perché viene dal personaggio più interno al meccanismo, quello per cui, seppur sbagliata, esisteva una "natura delle cose".

Regina Case, interprete di lunga esperienza teatrale, televisiva e cinematografica, rischia d'incontrare qui il ruolo della vita e lo onora con una performance perfetta, nei tempi comici e nei toccanti momenti del retroscena (evidentemente la sua ribalta). Pur non allargandosi oltre il testo dichiarato, il film di Anna Muylaert è un buon esempio di un cinema per tutti che non deve per forza scendere a compromessi sul tema né sul suo impianto ritmico.

Intervista all'attrice Camila Mardila:https://www.youtube.com/watch?v=gMoCQConLrI

e l'intervista alla regista Anna Muylaert e all'attrice Regina Case:
"I: Qual è stata la motivazione per raccontare questa storia?

Anna Muylaert: ho iniziato a fare questo film, quando ho avuto il mio primo figlio 20 anni fa, e la mia prima idea era quella di parlare del lavoro delle madri. In Brasile, il lavoro delle bambinaie non è apprezzato e come prova di questo, la gente assume le bambinaie con uno stipendio molto basso. Questa è stata l'idea iniziale e poi ci sono voluti 20 anni per trovare la storia giusta.

I: Regina, com'è nato il suo personaggio?

Regina: Non ho fatto una ricerca specifica per quel ruolo, ma per tutta la mia carriera sono stata nei luoghi in cui personaggi come Val hanno vissuto e ballato, cioè nei quartieri operai e nelle baraccopoli. Quindi avevo già tutte queste informazioni che venivano sia dalla mia carriera che dalla mia vita, infatti la mia famiglia viene dal nord-est, come Val.

I: Il film colpisce per il buon equilibrio tra il dramma e la commedia. Ha mai voluto cambiare registro mentre stava scrivendo?

AM: Tutti i miei film sono un po 'come questo. Mi piace parlare di questioni serie, ma mi piace avere senso dell'umorismo. Ho scelto Regina, che è per me, l'attrice più divertente del paese. Così, naturalmente, da lei mi aspettavo un certo umorismo anche in situazioni gravi.

RC: Quel registro è una risorsa per il film, perché c'è una linea molto sottile in entrambe le direzioni. Se fosse solo una commedia  sarebbe una caricatura, se fosse diretto solo al dramma sociale sarebbe stato noioso. Così abbiamo trovato questo, un posto delicato e pericoloso tra i due.

I: Tu sei la prima regista donna a rappresentare il Brasile per l'Oscar straniero in 30 anni. Questo aggiunge della pressione?

AM: Penso che sia molto importante, soprattutto perché il film è molto amato in Brasile, quindi significa che il film rappresenta veramente la gente. Ricevo lettere ogni giorno da persone che dicono "Sto pregando per te. Sto pregando per il film". Quindi non è solo un film di una regista donna, è un film che la gente ama.

I: Il film ha un'impostazione brasiliana molto specifica. Avete notato differenze nelle risposte del pubblico in Brasile rispetto all'estero?

AM: Beh, quando siamo andati al Sundance non eravamo nemmeno sicuri che avrebbero capito interamente la storia. Ma dalla prima proiezione, ho capito che era una storia universale. Anche se il film ha un sapore brasiliano, questi rapporti di potere ci sono dappertutto.

I: Regina, sei nel settore da molto tempo. Che cosa ti spinge ancora a prendere nuovi ruoli dopo tutti questi anni?

RC: Per tutta la vita, la mia passione è stata quella di entrare in contatto con la gente, le persone comuni che lavorano. Questo mi è sempre piaciuto. Ho sentito che questo ruolo era un modo per incanalare la passione di tutti questi anni di incontrare, parlare e ascoltare le persone e alla fine si è rivelata una grande opportunità.
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