Eccovi alcune recensioni e approfondimenti sul film.
SINOSSI
Daniele è un giovane di Sant’Erasmo, un’isola della laguna di Venezia. Vive di espedienti, ed è emarginato anche dal gruppo dei suoi coetanei, i quali condividono un’intensa vita di svago, che si esprime nella religione del barchino: un culto incentrato sulla elaborazione di motori sempre più potenti, che trasformano i piccoli motoscafi lagunari in pericolosi bolidi da competizione. Anche Daniele sogna un barchino da record, che lo porti in testa alla classifica. Ma tutto ciò che fa per realizzare il suo sogno e guadagnarsi il rispetto degli altri finisce per rivoltarglisi contro, tragicamente. Il degrado che intacca le relazioni, l’ambiente e le pratiche di una generazione alla deriva viene osservato attraverso gli occhi del paesaggio senza tempo di Venezia. Il punto di non ritorno è una balorda, residuale storia di iniziazione maschile, violenta e predestinata al fallimento, che esplode trascinando la città fantasma in un trip di naufragio psichedelico.
COMMENTO DEL REGISTA
Atlantide è un film nato senza sceneggiatura. I dialoghi sono rubati dalla vita reale, e la storia si è sviluppata in divenire durante un’osservazione di circa quattro anni, seguendo la vita dei ragazzi. Questo metodo di lavoro mi ha dato la possibilità di superare il limite di progettazione tradizionale nel cinema: prima la scrittura e poi la realizzazione. Così il film ha potuto registrare in maniera reattiva questo momento di grande cambiamento di Venezia e della laguna, da un punto di vista difficile da percepire, attento allo sguardo degli adolescenti. Il desiderio di vivere così da vicino le loro vite, dentro i loro barchini, ha reso possibile tutto il resto: il film si è lentamente costruito da solo.
RECENSIONE
Atlantide è qualcosa di diverso, intenso e per molti inedito, mai visto.
Parla di giovani e di barchini truccati che corrono e rimbalzano quasi a 100 km/h nella laguna veneziana. Soprattutto è quattro film in uno e insieme un viaggio, anzi un'esperienza unica di una Venezia diversa, giovane e "furious" (arrabbiata alla Fast & Furious ma ricordando di più Gioventù bruciata), lontanissima dalla cartolina per i turisti. Vera, reale, tangibile quanto sommersa perché nessuno ne parla.
A voler essere classici, anche se di tradizionale qui c'è poco, il film di 100 minuti è un racconto “neorealista”: non è un documentario, ma è il frutto di quattro anni di osservazione di una piccola realtà locale espresso in un lungometraggio di fiction interpretato da attori non professionisti in cui più che una sceneggiatura, esiste una partitura costruita su veri dialoghi captati lungo il percorso (parte di un processo già utilizzato dall'autore per altri suoi progetti, come il corto Il Capo, ambientato tra le cave di marmo di Carrara). Il super potere di Atlantide - un gioiello in cui immergersi assolutamente -, però, è un altro ed esplode dopo l'apparente finale della storia non storia.
Il film ha una fotografia bellissima, composta di inquadrature nitide e insieme evocative, poesia per immagini, che si affianca a una netta contrapposizione di silenzio naturale, fatto di rumore dell'acqua o della vita che popola la laguna (dagli insetti ai frammenti di dialoghi tra giovanissimi), squarciato dalla musica dance e trap (la colonna sonora è firmata Sick Luke, assieme a Lorenzo Senni e Francesco Fantini) sparata a tutto volume dai subwoofer all'aperto dei barchini che sfrecciano in lungo e in largo e spesso si affiancano a unirsi in isolotti artificiali in cui i giovanissimi passano le loro lunghe giornate vuote estive. Solo che, verso il finale, appunto, Yuri Ancarani ribalta la prospettiva e improvvisamente quello che viene squarciato non è più solo il silenzio, ma è la realtà: come se si bucasse l'immagine stereotipata di Venezia per vederne la reale natura, quella di un essere mitologico tentacolare (o tunnel infinito), quasi uscito dai fantamostri di H.R. Giger, che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno, ma non percepiamo.
La visione di Ancarani, che parte dall'osservazione del tangibile per superarlo, è un super potere che rende speciale ogni suo film. In Atlantide, più un'esperienza immersiva che un lungometraggio, ne percepiamo almeno quattro. Prima, un'opera che richiama i giovani sbandati e atipici d'America dei film di Harmony Korine (il regista di Spring Breakers, per intendersi) e insieme quelli smarriti, tra la noia e la ricerca della propria reale natura in una società senza adulti e già sospesa tra reale e magico nella serie "We are who we are" di Luca Guadagnino.
Quindi, un film “neorealista”, che descrive una realtà marginale nello spazio, ma universale nell'esperienza, fatta degli stessi adolescenti e raccontata in una storia molto plausibile, che può tranquillamente sovrapporsi alla cronaca e che fa emergere insieme il quotidiano di una comunità, l'arco narrativo di un individuo - qui Daniele, ragazzo schivo e un po' problematico che cerca il proprio riscatto nelle corse dei barchini, che riempiono tanto i suoi sogni quanto il tempo di ogni sua giornata e per partecipare alle quali è disposto anche a rubare e mettersi nei guai - e i problemi di identità di una città o una società (Venezia, che accanto al suo sogno quasi millenario, è oggettivamente tessuto urbano immerso nell'acqua sempre in bilico, corroso dalla salsedine e dal tempo, incapace di rinnovarsi). Infine, pura visione, quasi un trip sciamanico che parte a suon di bassi quasi industrial e poi trova una diversa armonia musicale, trasfigurandosi e mostrando in Venezia, Atlantide.
(Valentina Calani)
INTERVISTA AL REGISTA
https://www.youtube.com/watch?v=68pfjIMJ_WI
TRAILER
https://www.youtube.com/watch?v=6JLChCvApYQ